Investire IN o Investire PER.
In altre
parole, ha investito in qualcosa o per qualcosa?
Non è affatto una differenza semantica, non è un dettaglio: tra le due preposizioni c’è tutta la differenza del mondo. Qualcuno che leggerà questa Newsletter ha già avuto modo di vedere il mio video sul tema.
Se preferisci lo puoi vedere
anche tu su: https://www.youtube.com/watch?v=RwNyWzzK5iM&t=13s
A quanti di
noi C.F. è capitato il cliente che, dopo qualche tempo dalla sottoscrizione di
un determinato prodotto finanziario, si presenta insoddisfatto, preoccupato e
financo arrabbiato per la performance non in linea con le attese? Tanti anche
al sottoscritto.
Ma non
bisogna farsi prendere dallo scoramento o dalla rabbia, perché per quanto il
cliente confermi inizialmente quanto sarà rispettoso delle buone regole di
investimento, il nostro cervello è programmato per dimenticarsi tutti i bei
discorsi sul rispetto dell’orizzonte temporale, sulla pazienza e sulla
razionalità con cui muoversi sui mercati.
È l’istinto
che ci porta ad essere così: le emozioni vissute in una particolare
congiuntura, i ricordi ad esse collegati, determinano azioni spesso dannose sul
profilo patrimoniale. Arginare e limitare questi comportamenti non è mai
scontato. Come possono risolvere il C.F. e il Cliente questo aspetto non di
poco conto?
Semplice, il
C.F. deve essere capace di far comprendere al cliente che percezione ha dei
suoi investimenti?
In altre parole, investi in qualcosa o per qualcosa?
Proviamo a chiarire la questione.
Chi investe
in uno specifico fondo comune, titolo, polizza ed alternative similari, vede
solo la scatola finanziaria. Limita la sua valutazione al prodotto in sé,
esprime un giudizio sulla base di quanto quella soluzione avrà risposto alle
sue aspettative di rendimento: insomma, si fermerà come sempre al tasso. Di
conseguenza, congiunture negative di mercato generano decisioni emotive e
compromettono la buona riuscita dell’investimento.
Diversamente
detto: chi investe in qualcosa, perde di vista il punto di arrivo.
Al
contrario, chi investe per qualcosa mette a fuoco l’obiettivo per il quale sta
compiendo una precisa scelta finanziaria. Se così è, le ineliminabili e
cicliche fasi di alternanza dei mercati sono percepite solo come fastidi, come
turbolenze che non compromettono il traguardo.
Chi investe
per qualcosa, ha la barra dritta sull’esigenza che vuole soddisfare. Se qualche
mese fa il cliente ha sottoscritto un fondo pensione per integrare in futuro il
suo reddito, piuttosto che un piano di accumulo per l’università di suo figlio,
la domanda fondamentale alla quale rispondere è la seguente: ne hai ancora
bisogno?
Se la
risposta – come ampiamente probabile – è affermativa, l’unica cosa da fare è
rispettare la strategia e la decisione ponderata che, assieme ad un consulente
finanziario, si è presa qualche tempo prima.
Farlo è
molto più complicato se ci si sofferma sul contenuto finanziario del prodotto:
in tal caso, ci saranno sempre degli ottimi motivi per spaventarsi e non
rispettare quanto si è pianificato, per essere sconfitti dalle paure del
momento, disattendere la strategia e fare un passo indietro. La guerra
commerciale USA-Cina, l’exit strategy dalle politiche monetarie
ultra-espansive, lo spread e via discorrendo sono pericoli certi per chi
investe in qualcosa. Se si investe per qualcosa, sono poco più che rumore.
Proviamo a
dirlo in un altro modo ancora.
Aver a cuore
il prodotto, significa patire certamente lo short term bias, tipica distorsione
che ci spinge a dare ampio risalto agli accadimenti di breve termine,
dimenticandoci del motivo reale e preciso per il quale si è investito
rinunciando ad un consumo immediato di quella ricchezza.
Aver a cuore
il proprio obiettivo, significa dar seguito alla convinzione che il denaro
altro non è che un mezzo per realizzare qualcosa. C’è infinita evidenza
empirica di quanto sia importante definire con precisione un traguardo in ogni
ambito della vita, metabolizzare il concetto di “S.M.A.R.T. goals”: obiettivi
che siano specifici, misurabili, raggiungibili, rilevanti, fissati nel tempo.
Il problema
principale, quando si investe, è sapere perché lo si fa. Non è sufficiente una
consapevolezza generica, non basta un “perché non si sa mai”, “per un domani”,
“per i figli”.
Occorre
quantificare gli importi necessari a soddisfare i bisogni più importanti,
occorre bandire la superficialità.
Da questo
passa la consulenza e la differenza tra un professionista capace ed un
professionista mediocre.
Commenti
Posta un commento