I conti esteri non sono controllati?


I conti esteri non sono controllati? Forse è meglio fare un po' di chiarezza. Se siete UN SOGGETTO FISCALE ITALIANO, l'esistenza di un conto corrente estero comporta l’obbligo di compilazione del quadro RW del modello Redditi Persone Fisiche anche ai fini dell’IVAFE 
La Legge ha previsto che l’obbligo di monitoraggio fiscale per le attività finanziarie detenute all’estero non sussista per i conti correnti bancari all’estero il cui valore massimo complessivo raggiunto nel periodo di imposta non sia superiore a €. 15.000,00.
Tuttavia, l’obbligo di compilazione del quadro RW sussiste comunque laddove lo stesso sia obbligatorio ai fini del calcolo dell’IVAFE, e cioè nel caso in cui la consistenza media sia superiore a €. 5.000 📈
Situazioni particolari:
Conto corrente estero con giacenza media maggiore di €. 5.000 ma che, nel corso dell’anno, non ha superato come valore massimo i €. 15.000. 
Il quadro RW andrà compilato esclusivamente ai fini IVAFE 
Conto corrente estero con giacenza media inferiore a €. 5.000 ma che, come valore massimo, ha superato i €. 15.000. Il quadro RW deve essere compilato soltanto ai fini del monitoraggio fiscale 
In sintesi chi ti dice che i conti esteri non sono controllabili o monitorati, ti dice un inesattezza, ti conviene diffidare.
Sia chiaro quindi che: 
- l’Agenzia delle Entrate controlla tutti i dati dei conti correnti esteri grazie all’anagrafe dei conti correnti.
Fino a ieri è stata l’isola felice di molti contribuenti; ora però anche Paypal, la nota banca con sede in California e che consente i pagamenti via internet, diventa soggetta al controllo dell’Agenzia delle Entrate. La possibilità per il fisco di sapere quanti soldi ci sono dentro un conto estero viene facilitata da una serie di accordi internazionali con ben 90 Stati, accordi che, tra il 2017 e il 2018, verranno completati e resi esecutivi. In questo modo, l’esistenza di conti correnti e la disponibilità di somme di denaro all’estero viene comunicata all’Anagrafe dei conti correnti, che già esiste per i conti italiani e che consente alle Entrate di conoscere ogni movimentazione bancaria. Ad aderire agli accordi saranno anche Anguilla, Aruba, Hong Kong, Montecarlo, Svizzera, Isole Vergini britanniche, Cayman, oltre a quelli dei principali Paesi europei. Un coinvolgimento capillare che toccherà chiunque ha un conto corrente all’estero e che servirà a innescare una verifica fiscale per chi crede che, portando i soldi fuori dai confini italiani, può vivere sonni tranquilli. Come è successo spesso per chi ha accumulato su carte e conti Paypal.
All’interno dell’Anagrafe dei conti correnti – sezione, a sua volta, dell’Anagrafe tributaria – confluiscono già da oggi i dati dei conti correnti detenuti all’estero dai cittadini italiani in ben 49 Paesi (i cosiddetti early adpoters) che già dal 2016 hanno adottato lo standard di comunicazioni. Così – si legge sulle pagine del Sole24Ore – «Già da stamattina i database del Fisco italiano potranno contare su questi nuovi elementi, visto che la deadline di trasmissione per le amministrazioni finanziarie estere (e della nostra verso gli altri Stati aderenti all’accordo) era sabato 30 settembre». Come è stato spiegato nel Def (Documento di economia e finanza), «le informazioni ricevute nell’ambito dello scambio automatico costituiranno un’importante fonte di innesco per successive richieste mirate su casi oggetto di accertamenti fiscali».
Sarà difficile trovare aree al riparo dal fisco e chi ha creduto che, depositando i soldi in un conto estero, sarebbe stato al riparo dai controlli si sbaglia di grosso. I dati saranno ora completamente trasparenti; anzi, proprio la titolarità di un conto all’estero potrebbe essere quel campanello d’allarme che potrebbe spingere l’Agenzia delle Entrate ad avviare un controllo fiscale per via del fondato «rischio-evasione».

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