Gli immobili in comunione ereditaria, una gatta da pelare.



IMMOBILI IN COMUNIONE EREDITARIA: UNA GATTA DA PELARE
Gli immobili in comunione ereditaria: una gatta da pelare
16 febbraio 2018
Spesso si ereditano beni immobili con altri soggetti (fratelli, zii o cugini) e più il numero dei coeredi aumenta, più aumentano le difficoltà di gestire un bene che passa da essere un valore aggiunto ad una “gatta da pelare”.
Chi vuole vendere, chi vuole affittare, chi vuole abitarci, chi vuole trarne dei frutti ma non paga la sua parte di tasse… A questo punto cosa fare?
Il coerede che vuol vendere
Il coerede deve sapere che, nonostante la posizione di formale parità con gli altri appartenenti alla comunione ereditaria, in caso di dissenso degli altri, ha il diritto di vendere la propria quota. Di contro gli altri coeredi avranno diritto di prelazione sulla quota che si vuole vedere.
Questo significa che chi ha intenzione di alienare la propria quota ereditaria, dovrà preliminarmente comunicare per iscritto la sua proposta di alienazione a tutti gli appartenenti alla comunione e solo in caso di mancata risposta, nel termine di 60 giorni, potrà procedere con la vendita a terzi non appartenenti alla comunione.
E se invece un coerede vuole vivere nell’immobile sostenendo di averne diritto?
S’immagini il caso della figlia convivente con l’anziana madre che decide di rimanere in casa anche dopo il decesso della madre e nonostante il parere contrario degli altri fratelli coeredi.
In tal caso, premesso il potenziale diritto tutti di utilizzare l’immobile, nella realtà dei fatti è più probabile che l’immobile non sia comodamente utilizzabile da tutti e spesso un solo comproprietario si arroga tale diritto impedendo di fatto agli altri di godere a pieno della loro proprietà, seppur in quota.
In tale caso, la Suprema Corte ci conferma che "il comproprietario che durante il periodo di comunione abbia goduto l’intero bene da solo senza un titolo che giustificasse l’esclusione degli altri partecipanti alla comunione, deve corrispondere a questi ultimi, quale ristoro per la privazione dell’utilizzazione pro quota del bene comune e dei relativi profitti, i frutti civili, con riferimento ai prezzi di mercato correnti, frutti che, identificandosi con il corrispettivo del godimento dell’immobile che si sarebbe potuto concedere ad altri, possono – solo in mancanza di altri più idonei criteri di valutazione – essere individuati nei canoni di locazione percepibili per l’immobile” (Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 16 maggio - 5 settembre 2013, n. 20394).
E se uno dei coeredi affitta l’immobile all’insaputa degli altri?
Precisiamo che l’inquilino viene preservato dalla “bagarre” familiare e conserva il suo contratto di locazione sino al termine prestabilito.
Pertanto i comproprietari che si accorgeranno della locazione a cose fatte, potranno anche successivamente, ratificare quanto concordato dal comproprietario locatore e a quel punto esigere anche la loro quota di canone.
Gli stessi saranno quindi anche tenuti all’adempimento delle obbligazioni derivanti dal contratto.
Oppure potranno opporsi formalmente a tale contratto, sebbene questo non comporti nulla nei confronti del conduttore, il cui diritto è preservato.
Cosa fare per evitare questi problemi?
In sostanza, per prevenire tutti questi inconvenienti sarebbe sempre auspicabile una buona e soprattutto preventiva pianificazione del passaggio generazionale.

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