Torta o piramide?
Gli esperti sono soliti rappresentare i portafogli delle famiglie come delle “torte”divise in fette da destinare a questa o a quella asset class. È importante conoscere la scienza della finanza, o almeno i suoi elementi di base. Le scienze da conoscere però sono due: quella della finanza tradizionale, ma anche quella della finanza comportamentale, cioè del comportamento umano. In realtà, le persone organizzano le loro finanze non con i grafici “a torta”utilizzati dai professionisti, ma come
strati di una piramide, ciascuno dei quali esprime, come scrive giustamente il docente e dirigente del Ministero del Tesoro Fabrizio Ghisellini, “mix diversi di paura e di speranza”. L’approccio a piramide si basa infatti sulla cosiddetta teoria motivazionista –proposta nel 1987 dalla psicologa Lola Lopes –anche detta SP/ A, Sicurezza, Potenziale, Aspirazioni. La disposizione degli strati dipende dai due obiettivi fondamentali di tutti gli investitori: la sicurezza e il potenziale guadagno. Il primo obiettivo è legato alla “paura”, mentre il secondo alla “speranza”. Le aspirazioni, poi, giocano un ruolo fondamentale nella scelta degli strumenti di investimento. La piramide è a strati perché riflette la tendenza a ragionare per conti mentali separati. A livello tecnico questo significa da un lato non tenere conto delle correlazioni tra asset class, ma ancora più semplicemente tenere distinti i vari titoli. Ci sono investitori che non riescono a integrare, per esempio, azioni e obbligazioni, ma le tengono rigorosamente separate. Il primo strato è rappresentato dalla liquidità: certificati di deposito, conto corrente e contante, il secondo da altri beni percepiti come “sicuri”soprattutto la casa ed eventualmente obbligazioni considerate a rischio zero. Solo una volta soddisfatti questi bisogni “primari”, iniziano a investire davvero in asset “rischiosi”. La piramide stratificata degli investimenti Fonte: elaborazione da Cervellati (2012) che propone una variante dell’originale (Wall, 1993) La percezione che le persone hanno del rischio non corrisponde necessariamente al rischio effettivo. Per esempio: chi riuscirebbe a convincere una famiglia a vincolare una quota importante delle sue ricchezze in un titolo del quale non si potrà conoscere il valore fino alla conclusione della vendita, che non può essere liquidato se non totalmente, lentamente e a costi elevati, sottoposto a una forte tassazione e dal reddito incerto? Eppure questa “proposta indecente”è accolta con entusiasmo dalle famiglie italiane che considerano gli immobili –che pure hanno queste caratteristiche –un “investimento sicuro”e “a prova di inflazione”.
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