L' avversione del risparmiatore.



Avversione alle perdite L’avversione alle perdite è il fenomeno per cui il dispiacere causato da una perdita è maggiore rispetto al piacere che deriva da un guadagno di pari entità. Un esperimento venne effettuato su alcune scimmie divise in due gruppi. A ogni scimmia del primo gruppo veniva data una banana e la scimmia era contenta. A ognuna del secondo gruppo venivano invece date due banane, ma subito dopo gliene veniva tolta una. Le scimmie del secondo gruppo si arrabbiavano moltissimo anche se disponevano pur sempre di una banana. Quella tolta aveva un peso “emotivo” maggiore. Per rasserenarle non bastava ridare loro la banana tolta, bisognava ridargliene altre due o tre. L’esperimento è stato rifatto con gli uomini – non con le banane ovviamente, ma con denaro – e il risultato è lo stesso: una perdita ha un peso psicologico emotivo pari a circa due volte rispetto a un guadagno dello stesso ammontare. Una perdita di 10 euro crea un dolore che può venire compensato da un guadagno di almeno 20-25 euro.
L’avversione alle perdite influenza le scelte di investimento in diversi modi. Per esempio, se si ha bisogno di liquidità e si deve vendere un titolo in portafoglio, a parità di condizioni e di prospettive , meglio vendere, un titolo in guadagno o uno in perdita? La maggioranza delle persone vende quello “in guadagno”, ma è una risposta irrazionale . Perché sul titolo in guadagno si pagano le imposte; su quello in perdita non solo non si paga nulla, ma addirittura si può utilizzare la minusvalenza (cioè l’ammontare perso) per compensare i capital gain su altri titoli e quindi abbassare il carico fiscale. Avversione alla perdita certa Il secondo effetto di framing indica che a fronte di una perdita pregressa, o presentata come sicura, gli individui tendono ad assumersi maggiori rischi pur di riuscire a recuperarla e “tornare in pareggio”. Le persone si comportano quindi in modo asimmetrico nel valutare una decisione che comporta guadagni e perdite potenziali. Si è disposti a rischiare o a pagare molto per evitare una perdita e molto meno per la probabilità di una vincita. Quindi presentare una scelta affermando che questa ha il 10% di chance di dare un risultato negativo o dire che ha il 90% di fornirne uno positivo, non sortisce gli stessi effetti. Nelle scelte finanziarie il desiderio di “tornare in pareggio” porta le persone ad assumere più rischi del necessario (per esempio non vendendo un titolo che è sceso ed è molto “discusso”) pur di non accettare la perdita.

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