Il valore della consulenza finanziaria

Consulenza Finanziaria, se ne conosce il prezzo ma non il valore.
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Qual è il valore della consulenza? Diverse ricerche internazionali hanno da tempo evidenziato che la consulenza, intesa come pianificazione finanziaria (piuttosto che modalità per sovraperformare il mercato!), può generare benessere e sicurezza psicologica nonché incrementare la ricchezza nel tempo dell’investitore dall’1,8% al 3,3% annuo. Tra queste una delle più articolate e convincenti è la ricerca realizzata da Vanguard nel marzo del 2014, che ha provato anche ad individuare le fonti di rendimento che, in totale, possono raggiungere potenzialmente il 3% netto annuo tendenziale, rispetto ad un cliente “medio” che non fruisce delle migliori pratiche della consulenza. Più in dettaglio, le fonti di valore aggiunto sono state individuate nei comportamenti professionali del consulente dei quali i cinque più importanti sono, nell’ordine:
a) Il coaching comportamentale, che consiste nell’aiutare i clienti ad assumere una prospettiva di lungo termine e un approccio disciplinato nel mantenere l’allocazione del portafoglio a dispetto della volatilità dei mercati, che da solo può aggiungere un rendimento addizionale fino all’1,50%;
b) La diversificazione efficiente delle risorse, realizzando portafogli coerenti con gli obiettivi di investimento, e dunque con i diversi orizzonti temporali, ampiamente diversificati sulle principali asset class, che genera un rendimento aggiuntivo fino allo0,75%;
c) L’ottimizzazione della strategia di disinvestimento, ovvero una efficace allocazione delle risorse in funzione delle spese programmate nel tempo, che comporta un valore potenziale fino allo0,70%;
d) La implementazione efficiente del portafoglio, che comporta l’utilizzo di strumenti finanziari con un basso expense ratio, quali fondi comuni indicizzati ed ETF, che possono contribuire a migliorare la redditività del portafoglio fino allo 0,45%;
e) Il ribilanciamento del portafoglio, ossia il mantenimento del profilo di rischio/rendimento nel tempo mediante la riallocazione periodica delle risorse in relazione agli obiettivi dell’investitore, che può generare un incremento fino allo 0,35%.
Eppure l’utente italiano non sembra affatto apprezzare il valore della consulenza erogata da un esperto. Infatti dal rapporto della Consob, del giugno 2015, emerge che gli intervistati assumono le proprie decisioni di investimento dopo aver consultato familiari e conoscenti (44%) o decidono in autonomia (15%), mentre solo il 22% utilizza in qualche modo i consigli di un esperto. E con riferimento alla domanda di consulenza, le famiglie che fruiscono della consulenza MiFID, che consiste nella proposizione personalizzata di strumenti finanziari all’interno di un rapporto continuativo, si attesta solo intorno al 9%, valore mai superato dal 2009, mentre aumenta costantemente la quota di famiglie che non ricevono alcun tipo di consulenza (dal 26% nel 2009 al 40% nel 2014), nonostante una perdurante condizione favorevole dovuta alla riduzione dei rendimenti dei titoli di stato e alla sua necessità derivante dalla crisi economica e finanziaria.
Questi dati mostrano l’insufficienza delle attività degli intermediari e degli operatori del settore nell’incrementare e diffondere, anche commercialmente, la consulenza finanziaria nonché sviluppare la cultura finanziaria degli utenti. E’ chiaro che le strategie sin qui seguite dovrebbero essere ripensate, ridisegnando i modelli di business e, soprattutto, dovrebbero orientarsi a “fare sistema” ricercando alleanze con gli altri stakeholder interessati, in primo luogo con la pubblica amministrazione e le aziende che potrebbero ricavare significativi vantaggi da cittadini responsabili e padroni del proprio destino e lavoratori più sereni e produttivi.
Questo approccio è la strada che hanno intrapreso Paesi che hanno una visione strategica del welfare e che sono maggiormente sensibili al valore economico e sociale della consulenza, intesa come pianificazione “comprehensive” delle esigenze di protezione, indebitamento, previdenza ed investimento. Come, ad esempio, in UK dove il Care Act 2014, la riforma del welfare inglese, prevede specificatamente che le autorità locali debbano facilitare l'accesso dei cittadini alla consulenza finanziaria regolamentata, tramite enti non profit (quali Money Advice Service, Pension Wise, …) ed organizzazioni commerciali con le quali realizzare protocolli di intesa.

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